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Vecchio 02-06-2014, 02:19   #1
Esperto
 

Cosa ne pensate:

http://www.faredelbene.net/public/news/articolo/1784/essere-assertivi-si-pu.html

spesso si concede troppo spazio agli altri, spesso ci si sottovaluta, ma questo articolo rimette tutte le cose a posto, riconciliando con se stessi.
Vecchio 02-06-2014, 08:53   #2
Banned
 

basta poi non lamentarsi dell'assertività degli altri
Vecchio 13-07-2014, 19:43   #3
~~~
Esperto
L'avatar di ~~~
 

Quote:
ho il diritto di rifiutare una richiesta che mi porta via troppo tempo o risorse dai miei impegni, di non soddisfare sempre le aspettative altrui, dire di no senza sentirmi in colpa;
Quando l'evitante dice di no, è difficile che non si senta in colpa.
C'è sempre un sentimento di colpa o di frustrazione, perché quando l'evitante dice no (c'è chi dice nooooo!) generalmente è frutto di uno sforzo sovrumano, quando non proprio di una forzatura.
L'evitante si trova nella condizione in cui dire sì e dire no sono ugualmente una forzatura, quindi non dice nulla.
Fugge, scappa, resta in un tormentato silenzio.
Ma il silenzio, per l'altro, non è neutro, e questo l'evitante lo sa bene.
Nel caso in cui l'evitante non sappia mentire / abbia difficoltà nel farlo / non voglia farlo, dovrà per forza esporsi, ancora una volta, e mostrare le proprie incapacità, le proprie paure, e il mostrarsi continuamente debole causa ansia e stress.
E pure mentendo, si sente di non essere completamente onesti, si ha il sentore che in quella precisa relazione ci sia qualcosa che non va, si è tormentati dal dubbio (Perché non funziona? Sono io o è lei/lui? Come faccio a parlarne se non capisco quale è il problema?)
Quando, alla fine, stremati, se ne parla, si rischia: o di non essere capiti, o di compromettere il rapporto.
Il più delle volte non si è nemmeno in grado di spiegarsi adeguatamente e vengono fuori dei pastrocchi dolorosi e imbarazzanti.
Su questo non ho ancora un'idea precisa. Non credo assolutamente che parlare sia inutile, ma nel mio caso si è rivelato più che altro catastrofico.

Inizialmente ho provato ad essere generica: non riesco a stare con gli altri, ho difficoltà, l'idea di stare con gli altri mi spaventa

Quando poi si va nello specifico di una precisa relazione, il messaggio che arriva all'altro è (non necessariamente in questi termini, ho fatto un riassunto brutale): ho paura che tu non riesca a vedermi, mi sento prevaricata, stare con te mi crea dolore.

Il più delle volte queste esplosioni verbali si verificano per un crollo: o perché l'altro ci insidia/tempesta di domande sul perché non ci facciamo più sentire/sul perché siamo scomparsi, oppure perché il peso di quel non detto si fa insostenibile e ci si rende conto di non essere più autentici, quindi si crolla e si dicono cose magari anche vere, ma che l'altro percepisce come accuse, in realtà è semplicemente il mettere in parole le nostre sensazioni, siano esse frutto di una sensibilità condizionata dal "disturbo", oppure rispecchino realmente delle cose che all'interno di quel rapporto non ci fanno vivere bene e dipendono effettivamente dall'altro.

In molti casi mi è sembrato uno "scontro di personalità".
Ad esempio se percepisco l'altra persona come invadente, indelicata, troppo bisognosa di attenzioni, difficilmente riesco a mantenere il rapporto.
Diciamo pure che non ci sono riuscita e bom.

Purtroppo quando l'altro manifesta dolore per la mia assenza vado nel panico e non so cosa dire, oppure fuggo, perché penso: "non posso garantire la mia presenza, gli sto facendo del male, non sono capace, devo andarmene, baci".

L'unico tipo di rapporto in cui non fuggo è la relazione amorosa, ma l'ho sempre vissuta con grosse difficoltà.
Tendo a legarmi a persone carismatiche e forti che finiscono per "prendersi tutti gli spazi perché glielo concedevo io", come dice l'articolo linkato.
Dopo una relazione durata 4 anni in cui non ero assolutamente in grado di capire cosa volevo (la persona che amavo voleva un futuro con me, voleva che mi trasferissi a Milano con lei e lavorassi etc., io in realtà non ero assolutamente pronta a ciò ma non riuscivo a capirlo, il tutto si manifestava con paure, crisi, ma non sapevo decifrarle, non capivo che semplicemente mi sentivo scomparire in quel rapporto invece che sentirmi vivere) e da lì in poi fino ad oggi ho più che altro instaurato rapporti di forte dipendenza affettiva con persone che non mi amavano e con cui adottavo un atteggiamento di devozione/sottomissione.

Credo che l'impossibilità che il rapporto si concretizzasse fosse allo stesso tempo fonte di indicibile dolore ma fosse anche il principale motore del sentimento, dato che nell'immaginario tendo a vivere l'amore come qualcosa di magico e che si scrive nelle notti passate in giardino a spiare la persona amata dalla finestra, rubarle la biancheria stesa al sole, massaggiarle i piedi di notte all'ombra degli alberi del suo giardino e tutte queste belle puttanate qui.



Quote:
di dire “non mi interessa” quando non voglio essere coinvolta in iniziative di altri,
Difficile. Ecco, come faccio a dire ad un altro "non mi interessa", quando se lo dicessero a me cadrei in mille pezzi? E quindi evito di proporre?

Facciamo un esempio: Un amico ha un cappello che non mi piace particolarmente, magari addirittura mi fa cacare l'ano, e l'assertività mi consentirebbe, nel caso in cui l'amico mi chiedesse un parere, di rispondere una cosa tipo: Non mi piace.

Ma il punto dell'evitante è che difficilmente trova brutti i cappelli altrui, e anche se li trovasse effettivamente brutti come potrebbe rispondere "No guarda, non mi piace..." se lui per primo non chiederebbe mai pareri ad altri sul suo abbigliamento ed è anzi terrorizzato all'idea che qualcuno possa fargli un appunto?


Le regole dell'assertività valgono per chi non è evitante, altrimenti non saremmo evitanti. O sbaglio?

Io non riuscirei a fare ad un altro una critica che io non saprei reggere, così evito proprio di uscire di casa per non affrontare l'incontro, o il problema.


Questo disturbo è come una malattia degenerativa che attacca un rapporto personale dopo l'altro, minandolo continuamente con paure, senso di inadeguatezza, di inferiorità, paura di non essere visti e di non saper dare all'altro ciò di cui avrebbe realmente bisogno etc.




Io mi sento così.

Ultima modifica di ~~~; 13-07-2014 a 19:48.
Vecchio 13-07-2014, 21:05   #4
Esperto
L'avatar di muttley
 

Quote:
Originariamente inviata da ~~~ Visualizza il messaggio
Io non riuscirei a fare ad un altro una critica che io non saprei reggere, così evito proprio di uscire di casa per non affrontare l'incontro, o il problema
Ciò significa autoconnotarsi
Vecchio 13-07-2014, 21:32   #5
Intermedio
L'avatar di Alley
 

Condivido pienamente quello che hai detto, ragazza dal nickname impronunciabile

Anche io sto vivendo un rapporto che ho (tutti virtuali, comunque) come se stessi sempre in una strada tortuosa, strapiena di dubbi che se detti alla persona, potrebbero danneggiare e/o migliorare il rapporto.

Che fare allora? Tenersi tutto dentro, e fingere di non avere questi dubbi (come sto facendo io) oppure sfogarsi, dire tutto, sopratutto quando quella determinata persona in particolare ti ha detto e ribadito che le puoi dire tutto senza problemi?

Ed è qui che casca l'asino, nel mio caso.

Perché non so cosa cazzo fare e mi faccio duemila film mentali su un possibile risultato di ciò.

Non so che rischio correrei. Non so niente.

I dubbi ti divorano se lasci che essi siano messi in soppressione, soffocandoli con le tue motivazioni. Ed è allora che vedi un bivio dove dici ''e ora, che strada prendo?''

In questo caso magari lascio entrare l'assertività.

Ma comunque è una cosa dolorosa da accettare.
Vecchio 13-07-2014, 21:32   #6
Banned
 

Ho letto un libro sull'argomento e devo dire che mi ha aiutata parecchio.
Vecchio 13-07-2014, 22:02   #7
Esperto
L'avatar di Weltschmerz
 

Non sarà davvero un articolo su internet a cambiarmi la vita.
Vecchio 13-07-2014, 22:03   #8
Esperto
L'avatar di notime
 

@tritilde: un bel racconto (nel senso, dettagliato, ben scritto). Ma io direi che ciò che è capitato forse è dovuto al fatto che non hai incontrato una persona che ti faccia superare le resistenze e le paranoie che normalmente ti impediscono di vivere serenamente un rapporto, semplicemente mettendoti di fronte a te stessa, mi viene da dire.

Per quanto riguarda l'articolo in sé, mi ha colpito questo passaggio in particolare:

"10. ho il diritto di dire “non capisco” a chi non mi dice chiaramente cosa si aspetta da me,"

bisogna parlare, il fare supposizioni sulle intenzioni dell'altro è l'anticamera dell'esaurimento nervoso. E' faticoso? all'inizio, poi vedendo che le cose si fanno più chiare e si ragiona meglio, diventa più facile. Come ogni cosa in cui ci si esercita.
Vecchio 13-07-2014, 23:11   #9
~~~
Esperto
L'avatar di ~~~
 

Quote:
Originariamente inviata da muttley Visualizza il messaggio
Ciò significa autoconnotarsi
Cioè?

Quote:
Originariamente inviata da Ambivalente Visualizza il messaggio
Ho letto un libro sull'argomento e devo dire che mi ha aiutata parecchio.
Che libro? Come ti ha aiutata?

Quote:
Originariamente inviata da Alley Visualizza il messaggio
Condivido pienamente quello che hai detto, ragazza dal nickname impronunciabile

Anche io sto vivendo un rapporto che ho (tutti virtuali, comunque) come se stessi sempre in una strada tortuosa, strapiena di dubbi che se detti alla persona, potrebbero danneggiare e/o migliorare il rapporto.

Che fare allora? Tenersi tutto dentro, e fingere di non avere questi dubbi (come sto facendo io) oppure sfogarsi, dire tutto, sopratutto quando quella determinata persona in particolare ti ha detto e ribadito che le puoi dire tutto senza problemi?

Ed è qui che casca l'asino, nel mio caso.

Perché non so cosa cazzo fare e mi faccio duemila film mentali su un possibile risultato di ciò.

Non so che rischio correrei. Non so niente.

I dubbi ti divorano se lasci che essi siano messi in soppressione, soffocandoli con le tue motivazioni. Ed è allora che vedi un bivio dove dici ''e ora, che strada prendo?''

In questo caso magari lascio entrare l'assertività.

Ma comunque è una cosa dolorosa da accettare.
Si ha paura di:
- perdere completamente la naturalezza (già compromessa, viste le proprie sensazioni) nel vivere il rapporto
- perdere il rapporto

E spesso si ha paura di parlare perché non si è sicuri nemmeno delle proprie sensazioni.
Tipo: Ma mi sento così perché sono giù di morale o perché l'altro non mi vede davvero?

Insomma non si hanno dubbi solo sul rapporto, ma anche su sé stessi, su quello che si vede. Sarebbe quantomeno più chiaro se si frignasse tutto il tempo con cose tipo "gneheeeeee, tu non mi kapiski!!!111!", ma non è il nostro modo di sentire e di esprimerci (e non è utile nemmeno quel modo, ma è per dire che in quel caso almeno sarebbe un disagio completamente manifesto, e al limite si risolve o ci si manda affanculo).

Io ho sempre parlato (non subito, a volte anche dopo molto tempo, quando sono stata incalzata a parlare o quando il disagio si faceva troppo forte), ma non basta più

Perché i rapporti sono strettamente legati anche a quello che riesco o che non riesco a fare.

Uscire insieme, parlare, ridere: fare tutto questo e rendersi conto che non è il tuo comportamento di un momento a cancellare il terrore di fondo.
Anzi, ho la sensazione che in quelle volte in cui esco, scherzo, ascolto l'altro, mi confido, gioco, nel tornare "a casa" sento un sorta di pace, di liberazione, come se invece di esser stata naturalmente con qualcuno avessi fornito una prestazione, una performance.


Quote:
Originariamente inviata da notime Visualizza il messaggio
@tritilde: un bel racconto (nel senso, dettagliato, ben scritto). Ma io direi che ciò che è capitato forse è dovuto al fatto che non hai incontrato una persona che ti faccia superare le resistenze e le paranoie che normalmente ti impediscono di vivere serenamente un rapporto, semplicemente mettendoti di fronte a te stessa, mi viene da dire.
In parte può essere così, ma a questo punto non riesco più a considerare il mio allontanamento dagli altri come un problema dei singoli rapporti, o meglio: se non riesco a vedere una persona in particolare in un momento, adesso non riesco più a pensare: devo affrontare questo problema adesso, devo parlarne subito, perché quando ho agito ho sofferto io e ho fatto soffrire chi avevo vicino, ed è una cosa che non ho più voglia di patire, sono esausta.
Per questo ho fantasie di fuga e il desiderio di andare dove non ho alcun legame.
Ma se non riesco a uscire di casa da sola per via del senso di colpa [es.: non riesco a uscire con Jambo, quindi non posso uscire di casa da sola o, peggio ancora, croce nera, uscire con Jimbo] ho un problema [io], che non riguarda più il rapporto.
Riguarda il mio senso di colpa verso quella persona[/quelle persone] e la sensazione di aver lasciato in sospeso qualcosa, ma questa sospensione è inevitabile perché è una sospensione che riguarda la mia persona tutta, e non una singola problematica con epsilon o ics [che pure però hanno un loro peso, non lo metto in dubbio.]

Il problema dove sta? Sono forse braccata dalle folle che vogliono frequentarmi? No, certo che no. Ma la sensazione di una singola incapacità [che ha divorato molti miei rapporti, uno dopo l'altro, tacendo delle persone che se ne sono andate per proprio conto] mi impedisce di gioire anche dei momenti miei.

Quote:
Originariamente inviata da notime Visualizza il messaggio
bisogna parlare, il fare supposizioni sulle intenzioni dell'altro è l'anticamera dell'esaurimento nervoso. E' faticoso? all'inizio, poi vedendo che le cose si fanno più chiare e si ragiona meglio, diventa più facile. Come ogni cosa in cui ci si esercita.
Ho avuto un mese (ora, a giugno) di grande socialità rispetto al solito, ridevo scherzavo, sembrava abbastanza ok, poi non appena mi si dicevano cose tipo: Ma perché non lavori? Devi lavorare! o Ma perché non ti compri un costume più femminile? scoppiavo in lacrime.
Inoltre ero in un contesto in cui sentivo le mie azioni costantemente monitorate da altri, ero al mare, in vacanza, potevo godermela e invece non mi sentivo libera per niente.
Mi sentivo completamente condizionata.

Questo è per dire che si cerca di agire e muoversi in un contesto rassicurante, ma non ci vuol niente a far riemergere quel senso di inadeguatezza, soprattutto quando la critica arriva da qualcuno che senti vicino, o per legami di amicizia o di parentela. È come se ti scalzassero via anche dall'ultimo rifugio.

Per questo dico: qualunque cosa io faccia, quell'ipersensibilità che mina ogni mia interazione con l'altro non cenna a diminuire.

Tutto mi ferisce, questo è.

Non importa quanto rido o scherzo o gioco, è come essere una lumaca alla conquista della tangenziale.



Ho un problema, e non sarà con un comportamento diverso che lo risolverò.



Non ho nemmeno la competenza medica di dire: sì è vero, ho questo disturbo

Semplicemente, mi comporto e mi sento come un'evitante, che io lo sia o meno a questo punto cosa cambia?
Nella prognosi? Nelle tempistiche di "guarigione"? lol


Per questo dico: a parer mio chi ha una percezione di sé come quella che ha l'evitante non può essere assertivo, così dal nulla.


: ( e poi non sto bene in questi giorni oooohhh
Vecchio 13-07-2014, 23:37   #10
Esperto
L'avatar di notime
 

in realtà penso di capire il tuo comportamento, è il timore di essere giudicati accentuato da una sensibilità non comune, una cosa del tipo che quando ti fanno notare quelle cose buttate lì, scatta il meccanismo di dire "oddio non piaccio così come sono quindi devo soddisfare le aspettative che si sono create nei miei confronti ma non ce la farò mai ok ciao". E da questo punto di vista mi ricordi che è ... difficile riuscire a evitare di "tagliare" l'altro dicendogli "ah ma fai così" o "perché non fai cosà", perché il meccanismo speculare che si genera dall'altra parte è "ah! adesso gli do un suggerimento di quelli che gli cambiano la vita così mi apprezzerà e non potrà fare a meno di me da oggi in avanti". Schema di un equivoco che normalmente non produce conseguenze perché mediamente le persone se ne sbattono le une delle altre.

No, non sarà un comportamento che ti farà cambiare, hai ragione. Ma questo perché non ci è niente da cambiare: il problema non sta in te, ma in chi ti sta intorno, e non è in grado di capire (è una colpa? boh) che nei rapporti sei insicura e hai bisogno di essere accettata così come sei.

rimettiti presto, in ogni caso
Vecchio 13-07-2014, 23:46   #11
Banned
 

Quote:
Originariamente inviata da ~~~ Visualizza il messaggio
Che libro? Come ti ha aiutata?
Il libro si chiama "Piacersi non piacere" di Enrico Rolla, edizione SEI-Società Editrice Internazionale Torino.

Lo comprai quasi 5 anni fa e dopo aver letto poche pagine mi stufai e l'ho ripescato per caso un po' di tempo fa dalla libreria. Probabilmente prima non ero pronta per leggerlo.

Mi ha aiutata a riconoscere i comportamenti manipolativi miei e degli altri e mi ha insegnato ad evitarli. (tanto per rimanere in tema di evitamento ) Mostra una serie situazioni tipiche in cui c'è chi vuole prevaricare e chi viene prevaricato e illustra caso per caso i 3 tipi di atteggiamento che si possono tenere nella comunicazione, passivo, aggressivo e assertivo. Mi ha insegnato a relazionarmi con alcune persone dalle quali mi sentivo aggredita e sfruttata e l'ansia piano piano è diminuita alzando anche un po' la mia autostima.




Quote:
Originariamente inviata da ~~~ Visualizza il messaggio
...nel tornare "a casa" sento un sorta di pace, di liberazione, come se invece di esser stata naturalmente con qualcuno avessi fornito una prestazione, una performance.

...Tutto mi ferisce, questo è.
Come capisco bene queste parole...
Vecchio 13-07-2014, 23:47   #12
Esperto
L'avatar di muttley
 

Quote:
Originariamente inviata da ~~~ Visualizza il messaggio
Cioè?
Il carattere non è qualcosa che si possiede al pari dei tratti fisici, il carattere è il prodotto di schemi emotivi maturati in giovanissima età, negli anni della formazione del sé, quando l'individuo inizia ad elaborare il suo rapporto col mondo e la sua percezione di se stesso in relazione al mondo stesso. Il fatto che tutto ciò avvenga agli albori della nostra esistenza ci porta all'erronea convinzione che tutto sia già stato prestabilito geneticamente, quindi immodificabile. In realtà tutto l'insieme del nostro corredo emotivo è qualcosa che abbiamo appreso, qualcosa che abbiamo scelto in un certo senso. Tanto per fare un esempio: una persona che abbia avuto a che fare con una famiglia poco supportiva sotto il profilo affettivo, potrebbe sviluppare l'idea di non essere meritevole di affetto e quindi maturare un sottofondo emotivo di perenne tristezza, un'autosvalutazione nei legami umani e tutto avviene perché si è ancora in una fase della vita in cui ancora non si posseggono gli strumenti per deviare da pensieri dove ci si attribuiscono colpe la cui natura e provenienza appaiono ignote. Può essere che uno abbia dei genitori che provano affetto per lui ma sono incapaci di dimostrarlo attraverso gesti, parole e atteggiamenti, del resto mica si può pretendere che un bambino possa capire e spiegarsi determinati fenomeni. Fatto sta che questo "sottofondo" emotivo permane in età adulta in genere, almeno finché la persona stessa non entra in contatti con la propria storia personale e inizia a spiegarsi il perché abbia maturato certe credenze. Ovviamente, per una questione di "risparmio", i nostri schemi non sono affidati alla riflessione della nostra parte cosciente, "emersa" diciamo, ma all'inconscio che li proietta e riutilizza al minimo ripresentarsi delle avvisaglie che li hanno generati (conosco gente del genere che se non gli telefoni tutti i giorni, inizia subito a pensare che per lui non conti nulla). Eppure secondo me è possibile intervenire sull'inconscio, su tutto ciò che è stato automatizzato nella nostra indole. E' un po' come quando impari a suonare uno strumento: fino ad allora sei stato abituato a tenere le mani in un certo modo, poi ti dicono che per suonare devi modificare l'impostazione dei tuoi arti, cosa che inizialmente ti appare fastidiosa, faticosa se non impossibile. Oppure coloro che devono imparare la respirazione diaframmatica: se hai sempre respirato col torace, in principio di parrà difficile modificare la tua impostazione di base per apprendere a respirare con la pancia. Lo stesso credo sia possibile fare con gli schemi emotivi, però occorre un esercizio costante che eluda l'indulgere nel concetto per cui siamo in un certo modo che farà sempre parte di noi e non potremo mai cambiare. Io affermo la possibilità di poter intervenire sui pattern emotivi più radicati in noi, quelli che ci portano a soffrire e a sentirci inferiori...indubbiamente per fare tutto ciò occorre tempo ed esercizio, come quando si impara qualsiasi cosa nuova. Per prima cosa però, è fondamentale uscire dal circolo vizioso dell'autoconnotazione, quella che ci porta a identificarci con un problema e a pensare che sia parte indelebile di noi.
Vecchio 14-07-2014, 01:01   #13
Esperto
L'avatar di Equilibrium
 

http://it.wikipedia.org/wiki/Assertivit%C3%A0

L'autostima è necessaria nella condotta assertiva

Quote:
Alcune delle cause che non permettono lo sviluppo di una condotta assertiva possono essere:
1.il cattivo apprendimento di comportamenti per eventuali condotte non virtuose delle figure familiari;
2.delle esperienze negative che hanno generato ansia;
3.un'educazione troppo rigida che non valorizza la persona e che non le insegna quali sono i suoi diritti;
4.le convinzioni disfunzionali e i pensieri irrazionali.
5.il radicamento nei propri orizzonti soggettivi con conseguente occlusione di vedute molteplici;

L'allenamento assertivo potenzia la capacità di produrre stimoli non verbali. Le principali capacità relazionali non verbali sono:
1.sincronizzazione;
2.aspetto fisico;
3.osservazione;
4.contatto oculare;
5.mimica facciale;
6.spazio sociale;
7.tono della voce;
8.gestualità.
Vecchio 14-07-2014, 07:06   #14
Esperto
L'avatar di pokorny
 

Quote:
[...] Beh, secondo me l'assertività è una caratteristica che non puoi importi come un cambio di look... del tipo "da domani sarò assertivo". Fa parte di quelle cose che invece vengono "di rimando", quando metti varie cose a posto... di quelle cose che un giorno ti alzi al mattino, ti vengono in mente e dici "toh, non mi ero mai accorto di essere diventato così .... rispetto a tanto tempo fa".
Penso che sia esattamente così, e lo stesso vale per tanti altri schemi di comportamento e reazione alle sollecitazioni esterne. Non si cambia dopo aver letto un libro o un articolo, o almeno io non credo.
Vecchio 13-08-2014, 17:28   #15
Esperto
L'avatar di Suttree
 

Consiglio questo libro sull'assertività http://www.media.iwatson.com/communi...ertivit%E0.pdf
Vecchio 13-08-2014, 19:24   #16
Esperto
L'avatar di utopia?
 

Quote:
Originariamente inviata da Blowing Sand Visualizza il messaggio
Cosa ne pensate:

http://www.faredelbene.net/public/news/articolo/1784/essere-assertivi-si-pu.html

spesso si concede troppo spazio agli altri, spesso ci si sottovaluta, ma questo articolo rimette tutte le cose a posto, riconciliando con se stessi.
che articolo ottimista...
ma è davvero lodevole e ben pensato
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