Re: Immagini della Divina Commedia
Il Satana di Giotto nella cappella degli Scrovegni a Padova:
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Re: Immagini della Divina Commedia
Immaginate di averle viste tutte, ma non per modo di dire.
Immaginate una solitudine quale non avete mai provato nella vostra vita (che pure non ne è stata avara). Immaginate di avere appena mandato a farsi fottere l'ultimo residuo di umanità, ritorcendo sul prossimo il suo stesso inganno (Frate Alberigo). Immaginate una distesa ghiacciata, situata per un assurdo (meta)fisico, non ai Poli ma al centro della Terra, lungo la quale non si veda anima viva, e non per modo di dire (neanche Virgilio lo è). Immaginate un vento implacabile, che vi taglia la faccia, e al quale non vi è offerto riparo, se non stringervi dietro all'ombra di un morto (poi per lo vento mi ristrinsi retro / al duca mio, ché non li era altra grotta). Immaginate di vedere imprigionate nel ghiaccio, come pagliuzze nel vetro, delle ombre completamente anonime, le uniche per le quali venga realizzata la seconda morte (i traditori dei benefattori, o in particolare gli oppositori delle missioni universali di Chiesa e Impero, doni di Dio all'umanità), ideali perfetti del traditore pietrificato, che fa tacere in sè anche l'ultimo vincolo di umanità, l'ultima emozione. Come non rimanere pietrificati anche noi? Come, dove trovare la forza di andare avanti? Io non mori' e non rimasi vivo; pensa oggimai per te, s' hai fior d'ingegno, qual io divenni, d'uno e d'altro privo. (Inferno XXXIV, 25-27) Specie se all'apparenza non vi è via di uscita, vi sono solo le promesse della ragione (Virgilio), dell'ultimo barlume di coscienza che cerca ancora, finché l'evidenza non gli dà torto, un modo per vincere la disperazione. Finché a un certo punto, si realizza che l'unica uscita consiste nel passare attraverso il male stesso, che ciò che sembra sbarrare ogni uscita in realtà non è qualcosa che agisce in maniera attiva, ma è un ostacolo immobile, pura materia dalla quale le nostre deboli forze si lasciano bloccare. Allora lo spavento cede il posto all'azione, non fine a sé stessa, ma guidata dalla ragione: http://a.imagehost.org/0704/Inferno_XXXIV.jpg http://i.imagehost.org/0373/427px-In..._281534_29.jpg http://a.imagehost.org/0465/500px-Dante_f48v.jpg |
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Molto coinvolgente l'ultima parte dell'Inferno: Dante prova e descrive una sensazione di morte, ma per procedere nel cammino devono arrivare fino in fondo a guardare il volo del Male, impersonato da Lucifero, il quale viene rappresentato con tre teste, tre volti di colore bianco/giallo, nero e rosso, colori non scelti a caso, in quanto sono i tre colori delle fasi dell'Opera Alchemica.
Dante insieme a Virgilio si arrampicano letteralmente su Lucifero per passare nell'emisfero australe ed iniziare così la salita del monte del Purgatorio, dove avverrà una progressiva purificazione che consentirà a Dante, nel Paradiso, di poter arrivare fino a vedere Dio. |
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OPera al nero o nigredo (inferno) Opera al bianco o albedo (purgatorio) Opera al rosso o rubedo (paradiso) |
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Interessante...anche se Dante condanna nella decima bolgia del cerchio VIII gli alchimisti come falsificatori di metalli:
sì vedrai ch’io son l’ombra di Capocchio, che falsai li metalli con l’alchìmia; e te dee ricordar, se ben t’adocchio, com’io fui di natura buona scimia. (Inf. XXIX, 136-139). Non credo li condannasse come ciarlatani o ingannatori qualunque, visto che nel Medioevo a quelle pratiche si dava credito. Inoltre, nell'episodio riportato, il senese Capocchio viene condannato al rogo sulla Terra per il capriccio di un potente, mentre all'Inferno viene condannato per la sua vera colpa: Ma ne l’ultima bolgia de le diece me per l’alchìmia che nel mondo usai dannò Minòs, a cui fallar non lece. (Inf. XXIX, 118-120). La condanna dell'alchimia è forse legata solo al suo sfruttamento per motivi di lucro (come per la ricerca della pietra filosofale, che trasmutava i metalli in oro)? |
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La vera Alchimia, quella cui Dante ogni tanto fa riferimento, è innanzitutto una trasmutazione interiore, spirituale cui possono abbinarsi le operazioni pratiche coi fornelli, le quali però permettono di ottenere qualche risultato solo ed esclusivamente se l'alchimista lo ottiene dentro se stesso. L'alchimia consistente solo nella parte materiale è solo lucro e contraffazione, per questo credo che Dante, il quale a detta di più di qualche autore era introdotto in certi ambienti Iniziatici, mettesse quei personaggi all'inferno, nella bolgia, se non sbaglio, in cui ci sono i falsari e gli imbroglioni. |
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Sì, potrebbe essere un'interpretazione corretta.
Ma hai per caso qualche link o riferimento sull'argomento degli eventuali contatti di Dante con riti iniziatici? Avevo letto qualcosa al riguardo, ma solo brevissimi accenni.. |
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Per gli autori che hanno scritto libri interi su questo argomento, ci sono Luigi Valli, Bruno Cerchio, Renè Guènon per quel che so, poi on line ne trovi sicuramente anche altri. |
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Grazie, sembra interessante :)
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Lo stesso Dante ad un certo punto sembra suggerire di approfondire il significato dei suoi versi: O voi ch'avete gl'intelletti sani, mirate la dottrina che s'asconde sotto 'l velame de li versi strani. Inferno IX versi 61-63 :) |
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Sì, lo ricordo quel passo. Beh, è innegabile che la Divina Commedia possa essere vista da diverse chiavi di lettura, è tutta una gigantesca allegoria.
Il difficile sta nel distinguere cosa Dante ha voluto dire da cosa gli hanno affibbiato alcuni commentatori...:D Per non parlare delle questioni irrisolte, come l'identità di "colui che per viltade fece il gran rifiuto". |
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Ed elli a me: "Tu imagini ancora
d'esser di là dal centro, ov'io mi presi al pel del vermo reo che 'l mondo fóra. Di là fosti cotanto quant'io scesi; quand'io mi volsi, tu passasti 'l punto al qual si traggon d'ogne parte i pesi. E se' or sotto l'emisperio giunto ch'è contraposto a quel che la gran secca coverchia, e sotto 'l cui colmo consunto fu l'uom che nacque e visse sanza pecca; tu haï i piedi in su picciola spera che l'altra faccia fa de la Giudecca. Qui è da man, quando di là è sera; e questi, che ne fé scala col pelo, fitto è ancora sì come prim'era. Da questa parte cadde giù dal cielo; e la terra, che pria di qua si sporse, per paura di lui fé del mar velo, e venne a l'emisperio nostro; e forse per fuggir lui lasciò qui loco vòto quella ch'appar di qua, e sù ricorse". (Inferno XXXIV, 106-126) http://cblog.thule-italia.org/upload...se_Lost_12.jpg http://www.laquilanuova.org/wp-conte.../08/image8.jpg |
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Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende, che non per vista, ma per suono è noto d'un ruscelletto che quivi discende per la buca d'un sasso, ch'elli ha roso, col corso ch'elli avvolge, e poco pende. Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d'alcun riposo, salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch'i' vidi de le cose belle che porta 'l ciel, per un pertugio tondo. (Inferno XXXIV, 127-138) http://a.imagehost.org/0717/74salita.jpg |
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Con il Purgatorio cambia radicalmente l'atmosfera, un paesaggio idilliaco ristora l'animo del pellegrino affranto dall'angoscia dell'Inferno, ma la strada verso la purificazione è ancora lunga...
Per correr miglior acque alza le vele omai la navicella del mio ingegno, che lascia dietro a sé mar sì crudele; e canterò di quel secondo regno dove l'umano spirito si purga e di salire al ciel diventa degno. Ma qui la morta poesì resurga, o sante Muse, poi che vostro sono; e qui Calïopè alquanto surga, seguitando il mio canto con quel suono di cui le Piche misere sentiro lo colpo tal, che disperar perdono. Dolce color d'orïental zaffiro, che s'accoglieva nel sereno aspetto del mezzo, puro infino al primo giro, a li occhi miei ricominciò diletto, tosto ch'io usci' fuor de l'aura morta che m'avea contristati li occhi e 'l petto. Lo bel pianeto che d'amar conforta faceva tutto rider l'orïente, velando i Pesci ch'erano in sua scorta. I' mi volsi a man destra, e puosi mente a l'altro polo, e vidi quattro stelle non viste mai fuor ch'a la prima gente. Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle: oh settentrïonal vedovo sito, poi che privato se' di mirar quelle! (Purgatorio I, 1-27) http://a.imagehost.org/0055/76purgatorio.jpg Com'io da loro sguardo fui partito, un poco me volgendo a l'altro polo, là onde 'l Carro già era sparito, vidi presso di me un veglio solo, degno di tanta reverenza in vista, che più non dee a padre alcun figliuolo. Lunga la barba e di pel bianco mista portava, a' suoi capelli simigliante, de' quai cadeva al petto doppia lista. Li raggi de le quattro luci sante fregiavan sì la sua faccia di lume, ch'i' 'l vedea come 'l sol fosse davante. "Chi siete voi che contro al cieco fiume fuggita avete la pregione etterna?", diss'el, movendo quelle oneste piume. "Chi v' ha guidati, o che vi fu lucerna, uscendo fuor de la profonda notte che sempre nera fa la valle inferna? Son le leggi d'abisso così rotte? o è mutato in ciel novo consiglio, che, dannati, venite a le mie grotte?". Lo duca mio allor mi diè di piglio, e con parole e con mani e con cenni reverenti mi fé le gambe e 'l ciglio. (Purgatorio I, 28-51) http://j.imagehost.org/0197/77catone.jpg |
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Che belle queste immagini!
Certo che Dante sveniva spesso :D |
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Vorrei vedere te al posto suo...:D
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