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Vecchio 23-05-2017, 16:06   #1
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Tempo fa ho incontrato per caso, nel cortile di un piccolo monastero di provincia, un vecchio compagno di università, che non ha resistito all’impulso di tornare ai vecchi tempi e mettersi a filosofeggiare con me. Essendo una persona abituata più ad ascoltare che a parlare, soprattutto di me, ho fatto l’errore di lasciarlo fare, di lasciarlo esporre una sua teoria sull’evoluzione del carattere, peraltro non molto originale, anzi per nulla, secondo la quale ogni individuo segua una specie di traccia evolutiva lungo la sua esistenza, che lo porta a staccarsi dal nucleo familiare e a costituirne uno nuovo, portandomi ad esempio lui, come esempio virtuoso ovviamente, perché di solito chi parla molto di sé lo fa per salire su un piedistallo, per quanto piccolo e meschino possa essere tale piedistallo, ma chissà perché questo tipo di individuo lo vede sempre dorato (il piedistallo su cui mette il suo piede quando parla di sé), e immediatamente dopo portava ad esempio (negativo) quello di un uomo ormai cinquantenne che vive ancora con la madre, lavora onestamente come tanti, certo non passa la vita come un libertino, o viaggiando, ma comunque in maniera dignitosa direi, anzi più che dignitosa rispetto al modo in cui molti oggi, purtroppo, conducono la loro esistenza. Ecco, questa idea secondo la quale il nostro carattere si evolva, e noi non siamo più gli individui che eravamo venti o trenta anni fa, e poi, ripensandoci, andando avanti con gli anni anche sessanta e settanta, riflettendoci sopra, mentre stavo preparando dei sopraffini gnocchi di patate fatti in casa, con le mani infarinate, che per me è il modo più fecondo di portare avanti le mie riflessioni, pari anche alle lunghe camminate in luoghi silenziosi e solitari, mi è sembrata completamente campata per aria e del tutto peregrina, se mi passate l’espressione. A me sembra invece, ho pensato mentre tagliuzzavo gli gnocchetti bianchi e profumati, e mi sentivo un cuoco sopraffino, ma intanto continuavo a portare avanti il mio pensiero, che restiamo sempre la stessa persona che eravamo quando avevamo quindici, ma anche dieci anni, e forse anche più indietro. L’evoluzione intesa come cambiamento del carattere per andare incontro a quello che la cosiddetta società umana ci richiede, è una pura illusione. Io penso che se mi sono evoluto durante la mia vita, e non voglio dare in nessun modo l’idea che l’evoluzione contenga in sé un giudizio di valore, è stato per rimanere fedele a me stesso. Ecco cosa si intende quando si dice “diventa te stesso”. Il mondo, il cosiddetto mondo della società, ci mette continuamente alla prova, e noi dobbiamo fare uno sforzo per non tradire noi stessi e solo questo, l’unico possibile, concetto realistico di evoluzione. Se di recente ho imparato a fare quegli gnocchi sopraffini, che ho gustato con grande piacere, come si gusta una pagina scritta con arte, è stato perché già da piccolo, con mia madre, mi piaceva stare in cucina, e se in seguito la vita ha deviato questa mia inclinazione, alla lunga la mia natura mi ha riportato su quel binario, e nulla avrebbe potuto evitarlo, nulla se non la morte, o altre disgrazie, che peraltro il destino molto spesso ci riserva senza alcuna pietà.
Ringraziamenti da
alleny82 (24-05-2017)
Vecchio 23-05-2017, 20:42   #2
Banned
 

Anch'io non sono cambiato; sempre timido e introverso.
Anche le mie principali abitudini quotidiane sono rimaste inalterate.
Ho acquisto nuove nozioni, conosciuto persone, nuove situazioni,
ma sento di essere sempre il solito di quando avevo 14 anni.
Ho imparato a camminare su nuove strade; ma cammino con lo stesso
stile che avevo quando l'ho fatto per la prima volta.
Vecchio 24-07-2017, 10:32   #3
Principiante
L'avatar di Mai Persa
 

A me capita di "tornare su vecchi binari" nel momento in cui sono di fronte ad una scelta, un bivio; da una parte ho il conosciuto e dall'altra l'ignoto o salto nel vuoto. Pur consapevole che sarebbe meglio scegliere la strada verso il nuovo, spesso decido di tornare a persone, luoghi, o mansioni che già ho conosciuto; è più semplice, più veloce, meno impegnativo e rischioso.
Vecchio 14-08-2017, 11:27   #4
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Cammino molto, camminare aiuta a pensare con maggiore chiarezza e profondità, e con una calma che non è possibile raggiungere, ad esempio, stando seduti o addirittura sdraiati, sembra quasi che il pensiero per svilupparsi lungo sentieri che portano lontano, che non si interrompano subito insomma, debba seguire il ritmo dei passi, si deve pensare con i piedi per dirla in due parole, d’altra parte uno dei filosofi che vengono più citati lo diceva chiaramente, che per pensare bisognava camminare, e che lui non si fidava assolutamente di chi pensava a tavolino, oltre che di chi aveva una cattiva digestione. Quindi, quando posso, o quando i pensieri non riesco più ad uscire in maniera fluida dalla testa, fenomeno tra i più pericolosi, perché se i pensieri non riescono ad uscire dalla testa la testa finisce per esplodere, ed infatti al filosofo in questione la testa alla fine, per quanto scrivesse e camminasse, è proprio esplosa a Torino, ma comunque io non corro questo rischio perché la mia testa non produce un numero così elevato di pensieri profondi, e per fortuna, perché altrimenti esploderebbe, insomma appena posso mi metto a camminare. Il che fa bene anche al corpo, come ci si sente ripetere allo sfinimento nella nostra epoca, in cui l’imperativo è diventato invecchiare bene, ma purtroppo camminando è facile incontrare vecchie conoscenze, come mi è accaduto recentemente, che interrompono una linea di pensiero che, una volta tanto sembrava promettente, che sembrava portare ad una qualunque conclusione logica, cosa peraltro sempre più difficile per la mia testa, resa sempre più difficile dal passare degli anni, dalla ripetizione delle stesse operazioni che l’impiego che svolgo richiede giorno dopo giorno, e mi ammorbano con le loro elucubrazioni. Questo conoscente, un uomo che ha avuto la fortuna nella sua vita, per il fatto di appartenere ad una delle famiglie più in vista della città dove abito da quando sono nato, di non dovere fare assolutamente nulla per poter vivere, ma di passare da una cosiddetta sinecura ad un’altra tanto per non annoiarsi troppo, mi ha reso edotto delle sue riflessioni sull’interessante materia del suicidio, riflessioni che l’avranno con ogni probabilità impegnato in un noioso pomeriggio passato ad oziare in biblioteca, e che lo hanno condotto ad concludere, parole del mio conoscente, che l’idea stessa del suicidio è il parto di una mente commette l’errore di ritenersi così speciale nei confronti delle altre menti, da meritare il riconoscimento del suo essere così speciale, riconoscimento che il mondo non vuole tributarle, motivo per il quale la mente pensa di farla pagare, a questo mondo così cattivo nei suoi confronti, autoestinguendosi. E così facendo commette una serie lunghissima di errori, una seria enorme, forse infinita nei suoi circoli viziosi, in primis l’errore è quello, ovviamente, di pensare che al mondo in quanto tale possa interessare in qualche modo della sua eventuale non esistenza, ma l’errore più madornale, e che in fondo denuncia con tutta evidenza che la sua radice sta in un eccessivo orgoglio della mente in questione, è proprio il ritenersi speciale, il ritenere speciale la propria esistenza (e dunque anche la sua negazione), nei confronti dell’esistenza delle miliardi di menti (e di corpi), riporto le parole esatte del mio conoscente, che contemporaneamente stanno esistendo, e soprattutto nei confronti di quelle menti (e di quei corpi) che simultaneamente stanno naturalmente giungendo al termine della loro esistenza. Ecco, così il mio conoscente, in fondo il suicidio altro non è che il risultato del peccato di orgoglio di una mente. Dopo questa conclusione, a cui peraltro ho ripensato a lungo nei mesi successivi al mio fortuito incontro, senza riuscire a negarne il senso, e senza contemporaneamente riuscire ad affermarne la veridicità, il mio conoscente mi salutò frettolosamente, come di solito fanno i conoscenti, che, dopo averti ammorbato con le loro elucubrazioni, dopo averti in altre parole riversato i loro pensieri inespressi, che in quanto inespressi sono molto pericolosi, come ho già detto precedentemente, dopo essersi sgravati in poche parole del peso, ti piantano in asso, lasciandoti in mano il peso che era per loro così fastidioso.
Vecchio 16-08-2017, 15:51   #5
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

A volte mi sveglio con una frase nella testa, quasi sempre molto breve, lapidaria, un’affermazione che penso arrivi dal mondo onirico, oggetto di una delle mie passeggere infatuazioni, quindi si tratta di una vendetta del mondo onirico che si sente tradito (il mio mondo onirico, il cosiddetto inconscio che cerca espressione), penso infatti che se tutte le mie infatuazioni passeggere volessero coalizzarsi per portare a compimento una vendetta nei confronti del traditore, verrei immediatamente cancellato dal mondo dei vivi, ma comunque questa mattina la frase (una citazione di Borges) suonava così : Gli specchi, e la copula, sono abominevoli, perché moltiplicano il numero degli uomini. E si tratta di una maledizione vera e propria, questa delle frasi che mi colgono impreparato nel momento del risveglio, perché se non vengono completamente digerite dalla mia mente, continuano a tornare su, a riproporsi, come volgarmente si dice del cibo non digerito, un’espressione veramente disgustosa, che non so perché voglio usare in questo scritto, ma che comunque rende bene l’idea. L’abominio della copula per il raziocinio mi pare evidente, l’essere pensante non copula, il pensiero basta a se stesso e non va certo alla ricerca di un individuo di sesso opposto (anche se non necessariamente opposto) per soddisfare i suoi desideri. Il pensiero, la mente, qualunque cosa significhino questi termini, parole che hanno una dimensione inconcepibile, una profondità che definire abissale è quasi ridicolo, dal momento che migliaia e decine di migliaia di teste pensanti hanno speso la loro esistenza per cercare di capire che cosa fosse, peraltro senza arrivare ad una conclusione definitiva, il pensiero e la mente dicevo non sentono il richiamo delle sirene, per usare un eufemismo, e se si mettono a riflettere in maniera seria ed approfondita sull’atto della copula, sull’atto in sé, senza tutti i fronzoli che migliaia e centinaia di migliaia di pagine scritte e film hanno da dire sulla questione, in maniera peraltro illusoria, nascostamente ed
ipocritamente illusoria, trovano l’atto in sé in definitiva ridicolo. Se portato fino in fondo, posso dire con assoluta certezza che il pensiero della copula è ridicolo (in sé) mentre diventa abominevole, come dice la citazione di Borges, se messo in relazione al fatto che il fine (biologico) della copula è la duplicazione, la triplicazione, degli esseri umani, fatto che è abominevole, se si ritiene abominevole il genere umano, cosa che chiunque abbia studiato un minimo di storia non può che sottoscrivere pienamente, e senza neanche avere bisogno di pensarci troppo sopra. Il pensiero poi non può fare altro che prendere atto che il genere umano, come ogni altro genere, è destinato ad estinguersi, prima o poi, ma, a differenza degli altri generi e specie, si è sempre illuso di essere eterno, di potersi eternare, appunto attraverso la copula, anzi è arrivato ad illudersi, nei casi più perversi, di potersi eternare attraverso le cosiddette opere dello spirito, nella cosiddetta arte e filosofia, fino al momento in cui qualcuno ha tolto il velo e ha fatto vedere chiaramente come tale illusione, oltre che ad essere falsa e oltraggiosa nei confronti della altre forme di vita, è tanto stupida quanto quella che le religioni hanno per secoli imbandito alle coscienze per fini non sempre edificanti. Ed allora anche gli specchi, e negli specchi rientrano non soltanto gli specchi fisici, quelli che sono tanto utili per vedere ad esempio se la camicia che portiamo ha il colletto pulito o meno, ma anche tutti gli specchi per così dire mentali, stavo per dire spirituali, ma quando uso questo termine mi accorgo che le dita mi scottano, tanto è pernicioso, e la testa mi scoppia, e gli specchi cosiddetti mentali sono tutte le forme di arte, di letteratura, di cinema, tutte le forme mimetiche insomma di cui gli spiriti che si considerano superiori alla media (spiriti qui è inteso in senso leggermente ironico appunto, quindi le dita sono salve) si dilettano, nella maggior parte dei casi per autocompiacimento più che per reale passione (e probabilmente non sono i casi peggiori). Questi dunque, penso io, dopo tutto questo pensare che è durato una giornata intera, ininterrotto pensare causato probabilmente da un sogno, un malefico sogno vendicatore che proviene dal mondo onirico che ho più volte tradito, sono i più abominevoli specchi, che centuplicano la realtà e per di più in maniera subdola, attraverso i meravigliosi (ahimè affascinanti) mondi della finzione

Ultima modifica di Oblomov; 16-08-2017 a 20:21.
Vecchio 16-08-2017, 20:00   #6
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Ahimè tutto questo pensare,tutto questo reprime istinti animali è alla base di ogni nevrosi che si rispetti.
Allora chiedo io,perchè è così affascinante il pensiero?
Ho una mia tesi.
Semplicemente per sentirci ad un altro livello,per sentirci superiori agli animali appunto,uomini comuni compresi,per cercare di perdere ogni legame con la realtá fisica,per abbandonare persino la paura della morte.
Voi che ne pensate?
Vecchio 21-08-2017, 19:55   #7
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L'avatar di Oblomov
 

Al termine di una lunga passeggiata in montagna, ho gettato via il bastone che avevo trovato lungo il sentiero, e che mi era servito, in particolar modo durante la discesa, impegnativa per me che solitamente cammino in pianura, per lo più in città, più raramente su strade di campagna. Da alcuni giorni, le mie riflessioni si erano soffermare sull'idea che il linguaggio non sia riducibile a semplice strumento, e questa idea, peraltro astratta e vagamente filosofeggiante, si è materializzata, si è letteralmente incarnata nel gesto di gettare il bastone e (contemporaneamente) nel bastone, ed ho pensato che le parole non sono dei bastoni che troviamo, magari lavoriamo per renderle più duttili, proprio come ho fatto con il mio bastone, e che quando non ci servono più, buttiamo via, in attesa che un altro, un passante, se ne impadronisce per farne l'uso che desidera. Mi ero chiesto, in questi giorni, perché il linguaggio venga visto come uno strumento di comunicazione tra un emittente ed uno ( o più) riceventi, che possono essere presenti o assenti,viventi oppure non ancora nati, perché la scrittura ha questo potere di sconfiggere (temporaneamente) il tempo, almeno rivolgendosi verso il futuro, potere peraltro illusorio, come tutti i cosiddetti poteri umani, come la volontà di Potenza che acceca il nostro genere (almeno nella sua sottospecie di homo occidentalis, per così dire) e potere nevrotico, come nevrotico è in fin dei conti il pensiero, ogni pensiero che nasce da una originaria rimozione, perché si voglia tagliare fuori da questa definizione il pensiero, il dialogo interiore, in cui emittente e ricevente coincidono, in cui il più delle volte non esiste un messaggio da comunicare, e molto spesso il messaggio stesso prende i connotati di un'ossessione. Mi sono detto, strano questo strumento che a volte si impossessa di noi, come durante le notti di insonnia, ed ho pensato, ecco il bastone che prende vita e si mette a minacciarci, ad inseguirci, non può essere, forse abbiamo a che fare con un a priori, con l' unico a priori che ci rimane, il linguaggio, non questa particolare lingua, ma la possibilità che chiunque, nel momento in cui nasce, eredita come patrimonio genetico della specie. Ecco che la mia riflessione, peraltro filosofeggiante e non certo degna dell'aggettivo filosofica, mi ha portato ad un bastone a priori.

Ultima modifica di Oblomov; 22-08-2017 a 21:03.
Vecchio 21-08-2017, 21:10   #8
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L'avatar di DownwardSpiral2
 

Quote:
Originariamente inviata da Sottosuolo Visualizza il messaggio
Ahimè tutto questo pensare,tutto questo reprime istinti animali è alla base di ogni nevrosi che si rispetti.
Allora chiedo io,perchè è così affascinante il pensiero?
Ho una mia tesi.
Semplicemente per sentirci ad un altro livello,per sentirci superiori agli animali appunto,uomini comuni compresi,per cercare di perdere ogni legame con la realtá fisica,per abbandonare persino la paura della morte.
Voi che ne pensate?
Penso che tu abbia centrato un punto importante, mi hai fatto venire il capitolo: "un cane sotto la pelle" contenuto nel libro "l'uomo che scambiò sua moglie per un cappello". Sono necessari entrambi gli elementi, quello "primitivo/istintuale/esperenziale/pragmatico" e quello "intellettivo/logico/astratto", quando c'è uno squilibrio a favore del secondo penso si incorra nelle nevrosi, come hai già detto tu.
Vecchio 04-09-2018, 12:00   #9
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L'avatar di Oblomov
 

Si impone una riflessione sulle mie paure. Si impone perché se non le supero, mi pare evidente che con il passare degli anni non potranno che peggiorare, mangiarsi altri spazi che ora sembrano sicuri e che li faranno diventare spaventosi. Ho provato con la psicoterapia ma non ho ottenuto quasi niente. Proviamo con l'autoterapia, almeno questa è gratis.
che cosa provo quando ho paura? Mi si chiude lo stomaco, mi passa la fame, mi viene il cosiddetto cagotto, dormo male. I pensieri non sono più liberi, mi accorgo che gravitano continuamente attorno all'oggetto delle mie paure. Anni fa ho letto che è come se la mente fosse una scimmietta legata per una zampa ad un palo con una corda elastica che le permette di muoversi, ma che la fa inesorabilmente tornare indietro al punto di partenza. ecco il palo è l'oggetto della paura, la scimmia la mente, e l'elastico è la maledetta paura. Gli psicologi dicono che la paura è un sintomo, non è la malattia. Hanno questa idea, che parte da Freud, secondo cui spesso quello che desideriamo, sogniamo, temiamo non è il reale oggetto che ci fa paura, quello che ci fa paura è altro, e l'oggetto ne è solo un travestimento. per cui se ho paura di perdere la strada del ritorno, è perché ho perso nella mia vita la strada che dovevo prendere, e non me ne sono accorto, quindi c'è qualcosa dentro di me che mi avvisa di questo facendomi paura. Non lo so, questa cosa non mi ha mai convinto completamente, sebbene mi sia sempre interessato di psicoanalisi, e la cosa abbia un che di affascinante. Il problema che il fascino scompare nel momento in cui stai male, e ti trovi nel bel mezzo del processo, chiamiamolo così, quando insomma ti trovi nella merda. ecco quello che mi capita, è che è come se diventassi una persona diversa, un'altra persona. Il mio psicologo mi disse a proposito di questo che non è così, non devo pensare che esistano diverse personalità dentro di me, ma devo pensare che il mio Io è come una piccola nave che naviga lungo un fiume, e quando sto male, è come se il fiume si prosciugasse e la nave rimanesse a secco.
Vecchio 04-09-2018, 16:02   #10
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Ma forse, invece che dare interpretazioni basate su analogie fantasiose, dovrei concentrarmi su quello che provo quando ho paura, su cosa mi succede, e quindi parto da qui. Il fatto di avere paura di fare una cosa mi provoca un forte senso di colpa, nei confronti delle persone a cui sono affettivamente legato. Sento di deluderle, di non essere alla loro altezza, o all'altezza dell'idea che io vorrei loro avessero di me. E a nulla vale il fatto che loro mi rassicurino dicendomi: ma no, tu sei ok. Io non mi sento per nulla ok, e si innesca un meccanismo ossessivo di richiesta di conferma da parte loro - che ritengo sia una cosa per loro estenuante, ma di fatto lo è più per me. Il senso di colpa sfocia principalmente nel pianto. mi rendo conto che è un pianto non fine a se stesso, dato che mi capita di piangere in presenza delle altre persone di cui ho parlato prima. E' come il pianto di un bambino, che piange spudoratamente, mentre l'adulto ha pudore del pianto, e si nasconde. Poi sono un maschio, e il pianto di un maschio è una cosa (culturalmente) ancora più stridente di quello femminile. Ma l'impressione che ho è che sia un pianto che si vuole fare udire, come per ottenere qualcosa dall'altro.
Ma la sensazione più straniante è proprio quella di trasformarsi durante queste crisi, di essere un'altra persona. Io ho la netta sensazione di essere un altro rispetto al solito me, il che significa che io vedo me stesso in maniera diversa. Ma chi è questo IO che vede? Chi è questo IO che è visto? Diciamo che c'è un IO SANO (quando sto bene) ed un IO MALATO (quando sto male). Sono possibili quattro situazioni:

1) IO SANO vede IO SANO e sta bene

2) IO SANO vede IO MALATO

3) IO MALATO vede IO MALATO

4) IO MALATO vede IO SANO

Ecco, la 1) è chiara. Non capisco dove mi situo quando sto male, se nella 2) o nella 3). Escludo la 4) in quanto un Io che sta male vedendo se stesso che sta bene, automaticamente dovrebbe stare bene.
Ma allora è la 3)
Ringraziamenti da
Dorian Gray (04-09-2018)
Vecchio 04-09-2018, 19:51   #11
Esperto
L'avatar di alleny82
 

Ma di preciso cosa pensi che si aspettino da te? Che tu sia un uomo forte, coraggioso, che non ha bisogno di conforto o aiuto e che stia sempre con i piedi ben piantati a terra? Forse è questo? (Se non puoi rispondere, non ti preoccupare)
Vecchio 05-09-2018, 09:18   #12
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

che non abbia paura come un bambino...
Vecchio 05-09-2018, 13:15   #13
Esperto
L'avatar di alleny82
 

Quote:
Originariamente inviata da Oblomov Visualizza il messaggio
che non abbia paura come un bambino...
E tu da te stesso ti aspetti la stessa cosa?
Se la tua personalità è diversa da quella che si aspettano, sforzarti per essere come ti vogliono non ti porterà che a una recita continua.. e la recita continua comporta uno sforzo che poi sfocia nel pianto, in un "grido" che dice:"io non sono così! Non sono solamente così!"

Recitare la parte che preferiscono gli altri è l'atto che ti rende "malato" e che ti farà desiderare sempre di più la fuga.

Se non ti accetti per come sei veramente, se non impari ad apprezzare le tue fragilità non ti sentirai mai libero.
Essere in parte bambini può essere un pregio anche se di solito la società vuole che non ci sia traccia di bambini nell'anima di un adulto.

Se ti criticano e ti fanno pesare quello che sei nel profondo.. io non lo chiamerei amore.
Il pianto dimostra che non ti senti capito al cento per cento.
Forse sbaglierò ma gli sforzi non durano a lungo e soprattutto ti consumano quindi non ti servirà a niente aver paura di perdere persone che ti portano a questo.
Forse potresti prenderti una pausa da tutto per stare solo con te stesso, riscoprire la libertà.
Vecchio 11-11-2020, 20:37   #14
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Continuo a pensare all'inconveniente di essere nato. Sto bene solo quando dormo, la mia giornata di risolve nell' attesa di quando andrò a letto. I momenti di serenità sono sporadici, come casuali doni del cielo. Forse cercherò conforto nella religione ma non ho il dono della fede
Ringraziamenti da
DownwardSpiral2 (11-11-2020), IO&EVELYN (11-11-2020), pokorny (11-11-2020)
Vecchio 11-11-2020, 23:44   #15
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Quote:
Originariamente inviata da Oblomov Visualizza il messaggio
Continuo a pensare all'inconveniente di essere nato.
Per me è lo stesso.

Purtroppo però neanche quando dormo sto bene.
L'attesa dell'addormentamento è sempre un supplizio, una rievocazione di avvenimenti passati, ansie future, sensi di colpa e rimuginii che devo sedare con i farmaci.

Il sonno poi non è regolare, tra incubi, risvegli e paralisi...

Riesco ad addormentarmi (molto tardi) solo con la speranza che magari il giorno dopo potrei non risvegliarmi, e finalmente sarebbe tutto finito senza che neanche me ne sia reso conto.
Vecchio 12-11-2020, 01:03   #16
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Quote:
Originariamente inviata da Oblomov Visualizza il messaggio
restiamo sempre la stessa persona che eravamo quando avevamo quindici, ma anche dieci anni, e forse anche più indietro
Nah... questa non mi sembra meno campata per aria di quella. Non c'è motivo di pensarla così se non a causa di uno stato psicologico molto negativo. O, per alcuni, dopo aver letto qualche aforisma brillante.
Si cambia eccome. Si cambia ogni istante. Il nostro cervello si trasforma e si modella, psicologicamente e fisicamente (che poi è la stessa cosa) attraverso le nostre esperienze. Chiaro che se non ci si espone al cambiamento non si cambierà mai. Non che sia facile farlo, questo non si può negare, non è una predica la mia, da che pulpito verrebbe poi. Perché allo stesso tempo il nostro cervello tende a rigettare il cambiamento, lo percepisce come rischioso, visto che tutto quello che hai fatto nella tua vita ti ha comunque portato a sopravvivere. è questo che la natura vuole infatti, non la nostra felicità. Magari sto facendo un discorso più pragmatico del tuo, ma riguardo a questo argomento filosofeggiare non lo trovo efficace, infatti hai rigettato il discorso del tuo amico.

Mia madre non mi ha mai fatto mettere mano in cucina, ma quando andrò a vivere da solo, ricetta dopo ricetta, mi imparerò a fare delle carbonare che madonna . Alla fine cucinare è una stupidata, a meno che non vai a fare lo chef.
Vecchio 15-11-2020, 12:56   #17
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La psi mi ha detto che i pensieri ossessivi sono un modo in cui la mia mente sfoga la mia totale insicurezza di base. Stamattina continuavo a rimuginare sulla mia inettitudine (il fatto che mi senta un inetto, anche se al lavoro nessuno si è mai lamentato) e sono dovuto uscire a camminare nel bosco... ho visto uno stormo di corvi neri che volteggiava contro il cielo grigio sopra un pino. Gracchiavano, forse chiamavano la pioggia, ed a me è venuta subito in mente che richiamassero invece la morte. Stanotte ho sognato di essere un allenatore di football americano con una squadra formata dai miei amici e amiche, ma poi arrivava una squadra più forte e ci toccava cambiare campo. Quando ero ragazzo ho provato a giocare a football ma ho mollato perché avevo paura di farmi male
Vecchio 19-11-2020, 17:34   #18
Esperto
L'avatar di Oblomov
 

Mi ha anche detto che sono troppo cerebrale e che non riesco a sentire. Ed ha ragione, quanto ha ragione. Ma che devo accettare questo fatto come una parte di me come i pensieri ossessivi, le manie di grandezza compensatorie, il mio narcisismo fragile che cerca continuamente conferme. ma come fare non me lo dice. Devo accettare il fatto di sentirmi una merda, ma non è semplice. ma, ma, ma questa analisi fatta di dubbi e parole e dimenticanze e racconti di sogni. Ma anche di pillole e gocce che mangiano a piccoli bocconcini il ricordo di quello che mi capita intorno.
Quando guardo muoversi il corpo da bambina di S. Sento che la felicità sta lì anche se dura un attimo, ma quella è la realtà fatta di movimento, aria, luce ed una carne distante ma a portata di tocco, sempre.
Vecchio 19-11-2020, 17:55   #19
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Quote:
Originariamente inviata da Oblomov Visualizza il messaggio
Continuo a pensare all'inconveniente di essere nato. Sto bene solo quando dormo, la mia giornata di risolve nell' attesa di quando andrò a letto. I momenti di serenità sono sporadici, come casuali doni del cielo. Forse cercherò conforto nella religione ma non ho il dono della fede
lo pensiamo in tanti..forza
Ringraziamenti da
Oblomov (19-11-2020)
Vecchio 20-11-2020, 20:08   #20
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Mi sento costantemente stanco, fare ogni minima cosa mi costa fatica. Se penso al futuro provo solo incertezza, la paura mi segue come la mia ombra. La paura è la mia ombra, dovrei affrontarla come i guerrieri greci, visto che Phobos il dio della paura era figlio di Ares dio della guerra ed Afrodite, dea dell amore. Chi non affronta la paura di combattere metaforicamente non conoscerà amore. O anche chi non conosce amore non combatte nella vita. È un triangolo mitico che mi dà da pensare. Forse ho scoperto un nuovo complesso psicologico, se ne sentiva la mancanza
Ringraziamenti da
~ Gazer (20-11-2020)
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