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Vecchio 28-04-2014, 19:30   #1
Esperto
L'avatar di Emil
 

Vorrei condividere con voi alcune parti di un interessante articolo sul senso di inadeguatezza. L'articolo riguarda l'introversione, ma che credo che possa essere interessante per tutti.

Mi sento in dovere di aprire questo discussione.
Questo senso di inadeguatezza rispetto agli altri direi che uno dei problemi principali che affliggono quelli che scrivono qui (me compreso).
Soprattutto ho letto troppo spesso post denigratori che, invece di portare a un'inversione di tendenza di questa errata concezione dell'argomento, non fanno altro che alimentare questa già penosa condizione.

Vedetelo anche come un appello per tutti a rivalutare la questione e quindi a rivalutarsi. Introversi, timidi, fobici e chiunque altro.
Spero possa essere d'aiuto.

Eccone alcune parti:

<<Adeguato significa, per un verso, uguale a qualcuno nelle potenzialità, nelle doti, nelle competenze, ecc.; per un altro, conforme sul piano del comportamento ad un modello che evoca un giudizio sociale di “normalità”.

Tenendo conto di questi due aspetti, verrebbe da pensare che se gli introversi valutassero realisticamente le loro doti e accettassero i limiti della loro condizione, potrebbero vivere meglio di come vivono. Di fatto, invece, il vissuto di inadeguatezza è una sorta di “tarlo” continuo, che, in alcuni momenti e in rapporto a determinate situazioni di esposizione sociale, diventa un incubo.

E’ del tutto evidente che ciò dipende dalla cattura che il modello normativo corrente (estroverso e estrovertito) esercita sulla loro soggettività. Ciò significa, in altri termini, che essi, adottandolo, sono spinti a valutare se stessi quasi solo in riferimento al comportamento sociale che, tra i vari parametri cui ho fatto cenno nell’articolo sull’immagine interna, è quello che il modello dominante tende a privilegiare.

Questa valutazione univoca incide, poi, su tutti gli altri parametri. Il non riuscire a parlare in pubblico, per esempio, giunge a significare non avere nulla di importante da dire, nulla che non esponga la propria pochezza riflessiva.>>


E poi:

<<Un altro aspetto importante è che la scala in questione, in particolare quella sociale, fa riferimento ai comportamenti sociali piuttosto che all’essere della persona nella sua globalità.

L’importanza di questo aspetto non può essere minimizzato. Se ci si chiede, in rapporto ad un vissuto di inadeguatezza, inadeguato rispetto a chi la risposta è semplice: rispetto ad un individuo che incarna alla perfezione il codice normativo dominante. Se ci si chiede, invece, inadeguato per quale aspetto, la risposta è complessa. La scala in questione non discrimina infatti i vari aspetti della personalità e i vari piani su cui essa si esprime, a livello soggettivo e sociale. Essa tiene conto solo del comportamento oggettivo, socialmente percepibile, che può essere valutato dall’esterno.

Purtroppo gran parte degli introversi cadono in questa trappola e valutano se stessi alla luce di come appaiono agli altri e di ciò che questi possono pensare. Ancora peggio, fanno propri e convalidano i presunti giudizi sociali.

Oggettivamente, per fare un esempio, un soggetto che non parla in pubblico non ha alcunché da dire. Molti introversi, che hanno una vita interiore estremamente ricca, non riescono a parlare in presenza di più persone o perché si vergognano o perché ritengono assolutamente banale ciò che gli altri dicono. La vergogna è una conseguenza del perfezionismo, il quale implica che solo chi ha cose straordinarie da dire è autorizzato ad aprire bocca senza esporsi ad una brutta figura. Anche il giudizio di banalità riferito a ciò che gli altri dicono è riconducibile allo stesso metro perfezionistico: esso, però, pur essendo severo, coglie un aspetto della vita sociale reale. Molte persone aprono la bocca e danno ad essa fiato.

Ciò nondimeno, il non parlare in pubblico attiva nei soggetti introversi un vissuto di inadeguatezza, e li induce a pensare di essere persone che valgono meno degli altri perché non hanno nulla da dire.

Il giudizio oggettivante non cede neppure di fronte al fatto che, laddove, in un ambito duale o ristretto, si definisce una sintonia comunicativa, gli introversi riescono a parlare e a farsi apprezzare fino al punto, talvolta, di destare meraviglia in chi prima li valutava solo in rapporto all’apparenza.

Il non parlare in pubblico è ritenuto un segno di disvalore all’interno di una società e alla luce di un codice culturale che assume la capacità di public relation come un indizio essenziale di adeguatezza. L’avere o meno cose sensate (non straordinarie da dire) è ritenuto un aspetto secondario.>>



<<Il perfezionismo morale attiva l’opposizionismo poiché esso, promuovendo una disponibilità altruistica senza limite, mortifica il bisogno che ogni soggetto ha di tenere conto, oltre che degli altri, anche di se stesso, dei suoi diritti e dei suoi bisogni. Il paradosso del perfezionismo morale è che il soggetto si identifica con gli altri, soprattutto se essi soffrono, ma “dimentica” che la matrice dell’identificazione è il suo sperimentare se stesso come vulnerabile e bisognoso. Dedicandosi agli altri, egli viene meno ai suoi doveri nei suoi stessi confronti. E’ questo tradimento ad attivare l’opposizionismo, che spesso si traduce nella fantasia di diventare insensibile e indifferente in rapporto a tutto il mondo.

Il perfezionismo sociale attiva l’opposizionismo perché, nonostante il fascino cosciente dell’introverso nei confronti di coloro che appaiono pienamente adeguati al mondo delle public relation, egli, in realtà, ne coglie anche la superficialità il narcisismo, la presunzione, l’arroganza, ecc. Il fascino cosciente è insomma compensato da un giudizio ipercritico, talora venato addirittura di disprezzo, che rende impossibile procedere verso la realizzazione del modello in questione.>>


E infine:

<<Non si rifletterà mai abbastanza sul fatto che i vissuti introversi, compresa l’inadeguatezza, possono essere spiegati solo sulla base di una scissione dinamica tra la cattura che il modello normativo esercita sulla soggettività e l’opposizione inconscia nei confronti di esso, che si attiva sulla base di una vocazione ad essere che va realizzata seguendo altre strade.

La ricostruzione di un’immagine realistica di sé, che tenga conto dei valori e dei limiti personali, può avvenire solo in virtù di un affrancamento dal codice culturale dominante, vale a dire privilegiando l’individuazione – l’essere secondo la propria vocazione – rispetto alla normalizzazione – l’essere ciò che la società impone di essere.

Non è un’impresa facile perché già in precedenza ho scritto che i codici culturali sono pervasivi e inquinano, in misura diversa, la soggettività di tutti coloro che appartengono ad una determinata società. Pur non essendo facile, però, l’impresa è possibile.>>



Qui c'è l'articolo intero per chi avesse tempo e voglia di leggerselo:

http://www.nilalienum.it/Sezioni/Aggiornamenti/Psicopatologia%20dinamica/Introversione/Sull'inadeguatezza.html

Per chi avesse ancora più voglia qui ci sono altri articoli interessanti sull'argomento:

http://www.nilalienum.it/Sezioni/Agg...ornamenti.html
Vecchio 28-04-2014, 19:53   #2
Esperto
L'avatar di Suttree
 

Topic molto interessante secondo me
Ho spesso pensato che la mia forte introversione abbia poi causato la mia ansia sociale..il fatto di essere sempre etichettato come quello "strano", "che parla poco" credo mi abbia convinto che ero veramente inetto e inferiore agli altri.
Anche avere un padre estremamente estroverso che mi considerava quasi un "ritardato", sapeva solo dirmi "sveglia!" oppure "lascia perdere non sei capace" non ha aiutato.
Come scritto nell'articolo la nostra società premia l'estroversione a discapito dell'introversione e la gente comune è poco informata sull'argomento, purtroppo.

Ultima modifica di Suttree; 28-04-2014 a 19:56.
Vecchio 28-04-2014, 20:43   #3
Esperto
L'avatar di Emil
 

Quote:
Originariamente inviata da Suttree Visualizza il messaggio
Ho spesso pensato che la mia forte introversione abbia poi causato la mia ansia sociale..il fatto di essere sempre etichettato come quello "strano", "che parla poco" credo mi abbia convinto che ero veramente inetto e inferiore agli altri.
Passato (e presente) comune a molti credo.

Quote:
Originariamente inviata da Suttree Visualizza il messaggio
Anche avere un padre estremamente estroverso che mi considerava quasi un "ritardato", sapeva solo dirmi "sveglia!" oppure "lascia perdere non sei capace" non ha aiutato.
Anche mio padre risponde a queste caratteristiche. Oltre ad essere verbalmente, e in alcuni casi anche fisicamente, violento e prepotente.
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