Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Ho votato la prima opzione, perchè in me c'erano fin da bambina tratti fobici, o comunque una timidezza di base. Però certo è che senza eventi traumatici non sarebbe scoppiata in una vera e propria fobia sociale.
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Credo la prima, nonostante da bambina mi piacesse giocare con gli altri e stare più fuori che dentro casa. Tutte le maestre/professoresse hanno ripetuto per 13 anni di scuola le stesse cose, dalla prima elementare al quinto superiore: "è troppo timida, dovrebbe partecipare di più". Ricordo un incontro scuola-famiglia in cui sono stata paragonata ad un cane bastonato, mentre un'altra docente diceva che avevo un bellissimo sorriso, ma che non lo mostravo mai.
Dalla seconda media in poi la situazione è peggiorata, ma nulla di particolarmente grave. È diventata com'è ora più o meno verso il quarto superiore, ed è in caduta libera continua. Non c'è stato nessun evento traumatico. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Diciamo che c'era già una buona base di partenza, bambino timido e introverso, poi l'insieme di tanti piccoli fattori ha fatto il resto
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Bella domanda, ma siamo sicuri che le fobie siano genetiche?
Un tizio che magari ha la fobia del colore giallo si può dire che ha un gene che gli fa avere paura specificamente di quel colore? Bisognerebbe informarsi meglio in merito. |
Comunque fino all'inizio della pubertà ero un tipo non dico socievole ma normale, da bambino per certi versi addirittura estroverso, la pubertà deve aver sballato la chimica del corpo e favorito ansia sociale e depressione, però potrebbero pure essere state cause esogene, l'unica cosa che so è che ora sto messo male.
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Assolutamente ci sono diventato.
Quando ero piccolo ero super socievole, a volte fin troppo (spesso mi veniva fatta notare la mia "pesantezza"), e ricordo che facevo amicizia con chiunque nel giro di 5 minuti (una volta invitai un bambino conosciuto da poco a casa mia, e per giunta nemmeno nella mia stanza, nella stanza dei miei genitori, cioè per capire quanto fossi sfacciato). Poi iniziarono i primi episodi in cui fui costretto a reprimere la mia socialità, anzi, a reprimere di fatto il mio modo di vivere, e il resto è stato una conseguenza naturale dovuta al peggioramento di tali situazioni (e quindi del mio problema). |
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Crescendo penso che la severità paterna sia stata il colpo di grazia tra le tante cose. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Penso che le circostanze ambientali- sociali sono state predominanti nello sviluppo della paura del giudizio degli altri, mentre per il mio problema di disagio mentale le cause sono ben altre.
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
secondo me molti sbagliano nel ritenersi la somma di coincidenze
nel mio caso sì può dire che magari avrei potuto avere una vita sociale più intensa, ma nel profondo mi son sempre sentito così come sono, con il carattere che ho, fin dai tempi dell'asilo :pensando: |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Nel mio caso è stato un accalcarsi di circostanze. Durante l'infanzia cercavo sempre la compagnia dei coetanei, avevo amici (alcuni dei quali più simpatici, altri meno, ma con i quali mi piaceva comunque trascorrere le giornate). Allo stesso tempo ero molto molto timida con gli adulti. Una timidezza peggiorata man mano a causa delle continue offese che subivo (talvolta anche da persone adulte) per il mio aspetto... e la situazione è poi degenerata con l'adolescenza. Lì mi sono totalmente chiusa. Che ricordi di merda, comunque.
Oltre tutto questo, in ogni caso ritengo che il ruolo più rilevante lo abbiano avuto i miei genitori che, di fronte agli evidenti problemi sociali e fisici che ho mostrato di avere fin da piccola, hanno preferito ignorare il problema invece di affrontarlo. Non sono cattivi genitori, ma oggi posso dire che hanno scelto il modo peggiore di affrontare le mie problematiche (cioè non affrontarle, pensando probabilmente ad una "fase" momentanea). |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
@Hopeless01 @Crystal, belle e vere testimonianze.
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
pensando al modo in cui sono stato educato direi che non potevo non diventare quello che sono. Padre spesso assente, madre invadente e ansiosissima, mi hanno trasmesso zero grinta e zero dignità. A forza di sentirmi dire che ero una mezza cartuccia lo sono diventato davvero.
Non credo che un neonato possa avere pensieri suicidi o ansia sociale, o parli da solo. Almeno io non ne ho mai visti. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Vorrei dire che ci sono diventato, ma alla fine non saprei nemmeno rintracciare le circostanze che mi avrebbero portato a diventarlo. Mi farebbe anche comodo perché così sembrano esserci più speranze nel superare le paure.
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Non ho mai creduto all'influenza della genetica sul carattere, nel senso che non ho mai creduto al fatto che quell'insieme variegato di caratteristiche che si è soliti chiamare indole, dipenda da un codice nato e morto con noi, al pari dei i nostri tratti fisici. Penso possa esservi una componente innata però, legata a come il soggetto vive il periodo della gestazione, cosa in grado di influenzare il temperamento (quindi non stiamo ancora parlando di carattere).
Il resto dipende da educazione e circostanze esterne, eventi e persone incontrate nel corso della vita, ma la famiglia ha un peso determinante più di ogni altra cosa nello sviluppo della personalità, anche perché è spesso l'unico cellula sociale di confronto e contrasto durante i primi cinque anni di vita, quelli in cui si sviluppa l'architettura neurale principale e di base (che condizionerà il modo di rapportarsi al mondo da parte dell'individuo). Ecco perché ci capita di conoscere persone con trascorsi molto problematici nella vita di tutti i giorni ma in grado di affrontarli o aggirarli senza troppi traumi e altre persone invece che si lasciano colpire e affondare da vicende all'appareza innocue ai più. C'è chi passa sostanzialmente illeso dopo mille tempeste e chi alla prima pioggerella si abbatte...come un edificio costruito con criteri antisismici in grado di resistere ai più violenti parossismi tellurici e un edificio invece non a norma che affloscia alla prima scossa. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Io invece credo che l'influenza genetica c'entri eccome. Anzi ne sono certo che almeno in buona parte possa contribuire alla formazione del carattere.
Per rispondere alla domanda, penso che la mia condizione sia dovuta al mio essere diverso di natura e quindi sono un natura born non fobico ma asocial. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
Ci sono diventato. Fino a 4-5 anni ricordo
che ero un bambino vivace, parlavo con tutti; me lo diceva pure mia madre. Poi mi sono rinchiuso e perso, mi sono sentito proiettato in mondo che non capivo. Ricordo ancora il nome di una bambina con cui giocavo nel giardinetto di casa, fu il mio primo contatto con l'altro sesso, mi piaceva stargli adosso :) Poi gradualmente non so bene cosa sia successo; non credo sia stato l'impatto con la scuola primaria, andavo bene ero integrato non avevo difficolta', e' stato penso tra i 5 e i 10 anni. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
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Il punto è un altro, facciamo un esempio esplicativo. Se hai la pelle chiara serve una protezione quando c'è il sole. Il fatto concreto che ti scotti non dipende solo dai geni, dipende anche dal fatto che vivendo in un certo ambiente senza protezioni aggiuntive se fai le stesse ed identiche cose che fanno le persone di colore finirai con lo scottarti ed arrostirti, non è che se resti all'ombra il tuo DNA fa divntare la pelle arrosto comunque perché questo c'è scritto da qualche parte. In tal senso questo tipo disagio o disturbo, non dipende dai geni. Il fatto che vengano fuori persone con pelle scura e pelle chiara dipende dal DNA, il fatto che qualcuno si scotti al sole dipende da fattori contingenti ed ambientali. Se ci sono indumenti adeguati per proteggersi, non si scotta nessuno, se non ce ne sono e si tratta chi ha la pelle scura allo stesso modo di chi ha la pelle chiara uno dei due tipi di individui si scotterà più dell'altro. L'idea di far abituare un bambino con la pelle chiara a stare al sole per temprarlo come uno di colore, produrrà più danni che benessere. Ammesso anche che si voglia far sviluppare un tipo di protezione simile a quella del bambino di colore (là dove la pelle non è chiarissima tipo albino) bisognerà esporre il secondo molto gradualmente e quindi lo si dovrà trattare comunque in modo diverso e particolare senza aspettarsi che resista al sole come riesce a fare l'altro (ma comunque non raggiungerà i livelli dell'altro). Non è che grazie a qualche sistema poi si possono far diventare i neri bianchi ed i bianchi neri (e direi che non sia neanche auspicabile fare una cosa del genere). Quel che si può fare è cercare di far sviluppare tutti quanti bene tenendo conto delle differenze e non facendo finta che siamo tutti quanti uguali ed identici (gli edifici antisismici hanno tutti la stessa struttura, gli individui no, sono diversi). In tal senso i disagi e disturbi vari non sono installati nel DNA da nessuna parte, così come non sono installate le scottature, mentre il temperamento ed una serie di caratteristiche dipendono dal DNA, se non fosse così dovremmo venir fuori tutti quanti molto più simili di quanto non siamo. |
Re: Ci sei, o ci sei diventato?
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Re: Ci sei, o ci sei diventato?
sospetto di essere sempre stato predisposto all'ansia e dai 13 anni in poi anche alla depressione cronica, ma i miei genitori, con la loro disumanità e mancanza di empatia, hanno molto probabilmente contribuito parecchio a peggiorare il mio quadro clinico.
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